Autore: Giulio Romano e aiuti (scuola)
Artisti ricordati dalle fonti
Gianfrancesco Penni; Girolamo da Treviso, Rinaldo Mantovano, Benedetto Pagni, Fermo Ghisoni
- Datazione: 1526-1528
- Collocazione: Camera di Amore e Psiche (nono episodio dei ventidue ospitati nella volta e lunette alla sommità delle pareti)
- Tecnica: affresco
- Iconografia: Soggetto amoroso contemplato nella Favola di Amore e Psiche tratta dalle Metamorfosi o L'asino d'oro di Apuleio
- Soggetto iconografico: Psiche scopre Amore: La favola di Amore e Psiche era già nota agli antichi, tanto che i primi accenni a questo mito si trovano in Meleagro, mentre il racconto più completo ci è giunto attraverso i libri IV e VI delle Metamorfosi o L’asino d’oro di Apuleio. Ma Psiche, quale personificazione dell’anima umana, nella mitologia compare solo in età tarda. Il mito venne poi reinterpretato in senso neoplatonico e successivamente in chiave cristiana, con riferimento al tema dell’immortalità dell’anima. L’episodio qui descritto rappresenta il momento in cui Psiche, istigata dalle sorelle invidiose, decide di scoprire il vero volto di Amore, sfidando la sua volontà di restare celato. Psiche e Amore, spesso rappresentati come due giovinetti alati, sono anche i protagonisti di un mito legato ai riti iniziatici e all’accesso al mondo degli Inferi. Nel racconto di Apuleio Psiche è figlia di un Re e fanciulla di straordinaria bellezza che scatena la gelosia di Venere, madre di Amore, la quale ordina al figlio di suscitare in lei la passione per un essere umano spregevole. Ma il Dio si innamora perdutamente della fanciulla, ignara del maligno disegno di Venere, e venendo meno al suo incarico, per difenderla e amarla la fa condurre in un palazzo protetto e meraviglioso ove egli può recarsi ogni notte a farle visita senza mai svelarsi, congedandosi dal talamo alle prime luci del giorno. Amore pone una sola condizione a Psiche: non voler scoprire la sua effettiva identità, pena l’abbandono. Una notte però Psiche, spinta dalle sorelle a non fidarsi delle parole di Amore e convinta che egli possa essere un drago evocato dall’oracolo di Apollo, in attesa di un figlio e turbata dal divieto assoluto di guardare il compagno notturno, decide di avvicinarsi di nascosto a lui per vederne il vero volto. Quindi, armata di coltello e munita di una lampada ad olio, tenta di far luce per svelare il mistero che avvolge la natura di Amore. Inavvertitamente una goccia di olio cola dalla lucerna, cadendo sulla spalla del Dio, il quale si desta all’improvviso e, deluso, abbandona la fanciulla. Nella disperata ricerca del perduto Amore Psiche giunge al Palazzo di Venere ove la dea, mossa dall’ira, la sottopone a numerose prove che la giovane riesce però a superare. Intanto Amore, colto da inconsolabile nostalgia, si pone alla ricerca dell’amata e, trovatala, decide di non abbandonarla più, chiedendo a Giove il permesso di sposarla. Giove lo accorda e ordina a Mercurio, dio delle trasmutazioni e messaggero degli dei, di condurre Psiche sull’Olimpo, ove le sarà conferito l’attributo dell’immortalità. La storia di Amore e Psiche affascinò la cultura rinascimentale, che in essa vide la metafora del lungo e non lineare percorso conoscitivo che conduce l’anima all’incontro con il bello e il buono mediante Amore e quindi attraverso esperienza, sacrilegio e destino, perdita e redenzione. Benché il mito ci sia noto solo da fonti letterarie relativamente tarde, che non risalgono oltre l’età ellenistica, è probabile che esso rifletta contenuti religiosi di origine molto più antica: in questo senso sono stati interpretati soprattutto gli aspetti oscuri dell’amore tra i due protagonisti, la segregazione di Psiche, il divieto di vedere la bellezza di Amore (Eros), le prove cui Psiche è sottoposta da Afrodite. Riti iniziatici e riferimenti al mondo ctonio sono qui adombrati sotto la veste letteraria del mito. In molti palazzi nobiliari cinquecenteschi la favola venne narrata attraverso decorazioni la cui natura litografica, corrispondente al testo classico, resta comunque aperta a molteplici interpretazioni.
Descrizione della morfologia del rilievo
L’affresco è inscritto all’interno di un ottagono non regolare che per effetto ottico, illusionistico, induce l’osservatore alla percezione di una immagine vista attraverso un’ardita prospettiva. La forma assunta dal bassorilievo che traduce la scena pittorica è per questo impostata su una sezione dell’ottagono distesa in piano. L’altra sezione del poligono, l’alzata, è invece inclinata a quarantacinque gradi rispetto all’orizzontale. Tale soluzione tecnica permette al lettore di ritrovare, al tatto, l’aberrazione ottica generata dalla prospettiva ribassata che enfatizza il volume dei soggetti in primo piano, dilatandone parzialmente le forme. Si consiglia una lettura tattile bimanuale che parta dalla percezione perimetrale del rilievo e faciliti la cognizione del piano orizzontale ove troviamo Amore disteso e Psiche in sua prossimità. Dalla lettura dei rilievi più pronunciati che sono quelli riservati ai corpi di Amore e Psiche si accede, gradualmente, alla percezione dei dettagli e infine della prospettiva del soffitto a cassettoni che si incunea nello spazio, unitamente alla parete destra (rispetto al lettore) che facilita la comprensione della contrazione della stanza in cui è ambientata la scena.
Descrizione della scena
Giulio Romano interpreta fedelmente il racconto di Apuleio. In prossimità del lato sinistro della composizione, Amore giace supino su un letto con spalliera ricurva, entro una stanza di ridotte dimensioni, forse la sommità di una torre. Del suo corpo è visibile il profilo destro di cui si legge il volto, il braccio abbandonato e parte del busto denudato, il capo adagiato sul cuscino e i lunghi capelli a seguirne la forma. Le coltri del letto ricadono in pieghe morbide sul lato destro del giaciglio e coprono parzialmente la nudità del bellissimo Dio. Al fianco sinistro di Amore, possiamo scorgere la parte superiore dell’arco mentre a destra, abbandonata al suolo in corrispondenza dell’ala, troviamo la faretra con le frecce. Sempre a destra nella composizione, Psiche, rappresentata come una fanciulla di giunoniche proporzioni, appare nell’atto di avvicinarsi al dormiente avendo alle spalle una parete liscia: con la mano sinistra stringe una lucerna mentre con la destra brandisce un coltello. Il bagliore della lampada illumina, nell’oscurità, il volto di Amore coricato, il corpo di Psiche e una sezione del soffitto a cassettoni, resa in forte prospettiva. I cassettoni, riquadri ornati da modanature e intagli lignei a ovoli, sono collocati in cornici puntellate da decorazioni a rosetta. Infine, sul lato inferiore del poligono, scorgiamo il profilo del piano d’appoggio, visto dal basso, su cui posano, intuitivamente, il piede sinistro di Psiche e la parte inferiore della faretra. La postura con la gamba sinistra avanzata tradisce la sua incauta determinazione, ma l’espressione del volto è già di stupore e si contrappone al riposo sereno e abbandonato di Amore. Psiche, nell’atto di svelarne le sembianze, teme di trovarsi dinanzi a una creatura mostruosa ed è pronta per questo a difendersi, mentre Amore, che giace nella pace del sonno ristoratore, è colto nell’istante che precede la caduta della goccia di olio che lo sveglierà bruscamente e lo indurrà a fuggire, ferito dalla diffidenza di Psiche. Il volto di Psiche ha caratteri pronunciati, enfatizzati dallo scorcio prospettico del punto di vista ribassato, i suoi capelli sono sciolti e una ciocca scende lungo la spalla destra a sfiorare il seno. La lucerna dalla quale emana la luce rivelatrice presenta un dettaglio di squisita fattura: sulla sommità di un pomello possiamo scorgere i lineamenti di un viso che sembra guardare in direzione della fiamma che brucia. La scena induce a riflettere sulla contrapposizione tra diritto di conoscenza e salvaguardia dell’invisibile e indicibile. Malgrado si stia compiendo un atto sacrilego, ovvero la disobbedienza di Psiche ad Amore, all’osservatore sembra richiesto di vivere il cammino di Psiche e di carpire, unitamente a lei, il segreto di Amore per comprendere meglio il percorso dell’anima tra curiositas, pietas e speranza di redenzione.
Valori stilistici e cromatici
Stilisticamente la pittura di Giulio Romano è vicina all’ingegno dei grandi maestri del Cinquecento e per molti aspetti assimilabile alle più importanti innovazioni manieristiche del secolo, fatte di libera interpretazione delle fonti iconografiche e di invenzione compositiva. Giulio Romano dilata i volumi dei corpi ed enfatizza i caratteri prospettici dell’ambiente in cui colloca la scena, usa colori bruni e luci radenti che acuiscono gli effetti chiaroscurali delle superfici, permettendo ai profili di risaltare così illuminati. La presenza di colori accesi e netti è, in questo affresco, limitata all’elemento della faretra, rossa, e ai colori delle ali di Amore che virano dal rosso, al giallo, verde e azzurro. Gli incarnati sfumano dal tono rosato al biancore lunare.
Autore della scheda
Loretta Secchi, Curatrice del Museo Tattile di Pittura antica e moderna “Anteros” dell’Istituto dei Ciechi F. Cavazza - Bologna